Monkeys From Space: viaggi sonori tra asteroidi, synth e ironia psichedelica


“Dojo Song” è il nuovo singolo dei Monkeys From Space, un brano nato da improvvisazioni notturne, tra documentari sugli UFO e troppa carbonara. Il risultato è un’esperienza sonora fuori orbita, dove synth distorti e atmosfere visionarie si intrecciano a una narrazione ironica e spaesata. Con uno stile che mescola space rock, blues tribale ed echi cinematici, la band costruisce universi paralleli in cui realtà e fantasia si contaminano. In questa intervista ci raccontano la genesi del brano, la forza del collettivo e il desiderio di creare un linguaggio musicale che sia viaggio, rito e delirio condiviso.

La musica di "Dojo Song" è definita come un'esperienza sonora che gioca tra realtà e fantasia. Come scegliete gli elementi sonori per costruire queste atmosfere?
Diciamo che scegliamo i suoni un po’ come si fa con gli ingredienti per una pozione: mescoliamo quello che ci incuriosisce, anche se all’inizio sembra non avere senso. Un synth strano, un rumore ambientale, una linea di basso che sembra uscita da un sogno sbagliato… tutto può diventare parte del nostro piccolo universo. L’obiettivo è sempre creare uno spazio dove la realtà si piega un po’, dove chi ascolta possa sentirsi sospeso tra il familiare e l’inatteso. È un equilibrio instabile, ma ci piace proprio per quello. Come stare in bilico su un asteroide orbitante.

Come lavorate insieme come band per creare un pezzo che unisce improvvisazione e intenzionalità, specialmente in un brano così visionario?
Con un misto di caos organizzato e telepatia da sala prove. Iniziamo spesso improvvisando, lasciando che le idee escano un po’ a casaccio, come se stessimo cercando segnali alieni con una radio rotta. Poi, quando qualcosa risuona, ci fermiamo e la trattiamo con cura come si fa con un animale da addomesticare: la osserviamo, la nutriamo, a volte la lasciamo andare. L’intenzionalità arriva dopo, quasi sempre in ritardo, ma arriva: è quella che ci aiuta a dare una forma, a capire che quell’assolo strampalato o quel silenzio imbarazzante avevano in realtà un senso. Lavorare insieme è un po’ come sognare in gruppo, ognuno porta la sua visione, ma alla fine si costruisce un mondo comune dove tutto, anche l’assurdo, trova posto.

Qual è il ruolo del video nell’accompagnamento della musica? Come lavorate con le immagini per amplificare il significato del brano?
Non ci interessa più di tanto “spiegare” la canzone, semmai vogliamo aprire altre porte, aggiungere livelli di lettura (o di confusione, che a volte è la stessa cosa). Lavoriamo con le immagini come facciamo con i suoni: scegliamo quello che ci colpisce, ci diverte o ci destabilizza, e lo mettiamo in scena. L’importante è che non sia mai solo una decorazione, ma un’estensione del viaggio. Tendenzialmente partiamo da un’idea e cerchiamo di metterla in atto. Il più delle volte però, per fare davvero quello che vorremmo ci servirebbe il budget dei film di Christopher Nolan!

Qual è la vostra visione dietro la fusione tra space rock, blues elettro-rituale e altri generi che esplorate nel vostro sound?
La nostra visione? Probabilmente quella di un astronauta sciamano in cammino nel deserto con una chitarra elettrica e un synth rotto sotto braccio. Lo space rock ci dà lo slancio cosmico, il blues è il richiamo alla terra, qualcosa di viscerale, e l’elemento “elettro-rituale” è come un collante tribale che trasforma tutto in un’esperienza collettiva e un po’ mistica. È una fusione spontanea, ma non casuale: ogni ingrediente ha un peso.  L’obiettivo è sempre lo stesso: creare un suono che ti faccia viaggiare, ma con le radici ben piantate nel caos.

La band è nata nel 2022, ma avete già una forte identità musicale. Come definireste l’evoluzione del vostro suono dalla formazione ad oggi?
Arriviamo tutti da diverse esperienze musicali precedenti e tutti siamo cresciuti immersi in tonnellate e tonnellate di dischi e di concerti. Aggiungici poi che siamo amici da sempre e il gioco è fatto. Formare una band è stato il normale corso degli eventi, non abbiamo sforzato nulla in particolare. Ognuno ha portato la sua influenza e dall’unione è nato questo amorevole mostro chiamato Monkeys From Space. Abbiamo all’attivo un EP registrato in presa diretta su nastro magnetico e un album che uscirà a giugno 2025. Non so se la parola “evoluzione” sia quella più adatta, più che altro abbiamo la presunzione di volere migliorare sempre. Non è un percorso lineare, è più un viaggio psichedelico a zig zag ma è proprio quello il bello: ogni tappa lascia una traccia che diventa parte del nostro linguaggio.