Nebbia, vino e resistenza: Alberto Bertoli tra emozioni e radici. L’intervista

Alberto Bertoli - Ph. by Rita Basta

Con “Amore mio”, Alberto Bertoli ci regala un brano che è un inno alla resilienza e all’amore autentico. L’anima emiliana si fonde con il folk irlandese dei Modena City Ramblers in un mix potente e poetico. L’artista ci ha parlato di come le radici possano diventare slancio creativo e verità.


“Amore mio” sembra quasi un racconto popolare in musica. È così che lo hai pensato?

Sostanzialmente sì, se pensiamo a un racconto di vita non corta cioè non di ventenni sicuramente allora è un racconto popolare musicato. Penso che l’aggettivo “popolare” si accosti a tante cose e non spesso restituisca il significato che gli vogliamo dargli precisamente. La storia racconta momenti che hanno vissuto tanti di una certa generazione e che forse in qualche modo viviamo anche noi, così posso dire che “popolare” in questo caso prende l’accezione di 2popolo”

Cosa ti ha spinto a chiamare proprio i Modena City Ramblers per questa canzone?

Non c’era band migliore per interpretare un racconto di vita legata a questa terra con una radice spiccatamente celtica che si rifà all’Irlanda ma che in realtà è presente in tutta la Musica emiliana anzi emiliano-romagnola. Abbiamo già collaborato e ci conosciamo molto bene, sapevo della loro intenzione ed ero certo che le tematiche affrontate gli sarebbero calzate a pennello.

Nel brano parli di dignità, amore e difficoltà: quanto conta la scelta consapevole di restare insieme oggi?

Ho sempre pensato che l’amore non sia l’innamoramento dei primi tempi, ma lo vivo come sentimento che si fa impegno. Quindi prima di tutto viene la pancia, il sentimento ma poi si concretizza si materializza nell’impegno comune. Nonostante le difficoltà, che possono essere economiche ma anche sentimentali o di altro genere Rimanere insieme è una decisione che costa delle rinunce e delle fatiche. Non tutti al giorno d’oggi sono pronti a sacrificare parte della propria vita per un sentimento-intento comune. Non dico che sia la maniera giusta di affrontare il rapporto sentimentale, ma è una visione che a me piace molto e che credo vada aldilà delle piccinerie che la vita ti porta ad incontrare e alle quali a volte si può cedere. La sostanza però è che l’amore le vince tutte.

Che rapporto hai oggi con il folk e la canzone d’autore italiana?

Io sono un cantautore e vado in giro per teatri e piazze italiane con un repertorio che spazia dal rock al folk e a volte anche al blues quindi è un buonissimo rapporto con queste dimensioni che riflettono sia il mio animo.  Anche le tematiche di cui parlo vengono sottolineate e esaltate dallo stile e dalla musica quindi in base a quello che devo raccontare, scelgo modo e potenza per sottolineare quello che voglio comunicare. Non può esistere un concerto dove non faccio, ad esempio, almeno due pezzi country cinque pezzi rock e così via.

Il dialetto e le radici locali sono spesso presenti nella tua musica. Quanto contano per te?

È sempre un po’ retorico scriverlo, ma sono convinto che se non hai presente le tue radici, difficilmente saprai dove vorrai andare. L’appartenenza è una cosa che viene senza che tu la scelga, ma ha un’influenza decisa ed importante sulle strade che poi prenderai in futuro. Non riesco, ma soprattutto non voglio staccarmi dal paese della mia origine e anche da qualche chiacchierata in dialetto che mi fa sempre bene anche se non sono parlante dialettale perché i miei genitori non hanno avuto l’accortezza di insegnarmelo purtroppo.

Avete già avuto un’esperienza insieme con “Prega Crest”. Che ricordi hai di quel progetto?

Mi ricordo che mi chiamarono per fare un brano in dialetto e la cosa mi piacque tantissimo perché vista la natura della loro musica si completava perfettamente col dialetto e questo matrimonio è fantastico. Ci conoscevamo anche prima loro sono venuti al Premio Pierangelo Bertoli di cui sono direttore quando la manifestazione era all’inizio e abbiamo collaborato tante altre volte, quindi è sempre un piacere lavorare con degli amici veri.

Se dovessi descrivere “Amore mio” con un solo aggettivo, quale useresti e perché?

VERA. Perché tutte le cose che passano dal cuore si fanno concrete reali e affrontano le difficoltà, ma rimangono sé stesse sono vere.