L'Intervista ad Angelo Iannelli per "Vicini Margini"
Il brano “Vicini Margini”, muovendosi tra sogno e realtà, tra passato e presente, racconta una relazione che è stata vissuta in un'eterotopia, appena fuori i confini della vita e della società, dove si stava bene proprio perché sospesi a un passo dalla felicità, “come Roby Baggio negli USA”.
È in questi “vicini margini” della vita e della società, infatti, che
spesso ci si cerca e ci si trova interiormente; probabilmente è proprio a una
“prossimità della felicità” che si tende, anche quando, per le più svariate
ragioni, ce ne si allontana, magari anche con beneficio apparente. Alla fine,
quindi, sembra che sia la nostalgia dei margini ad avere la meglio: “Sto bene
senza te/anche se/mi cercavo dentro te”.
Angelo, iniziamo
parlando del tuo ultimo singolo, "Vicini Margini". Puoi condividere
con noi l'ispirazione dietro questa canzone e il significato che porta con sé?
“Vicini margini” nasce dalla necessità di scavare nei concetti di margine, di confine, di emarginazione e autoemarginazione, e di esplorare esistenze vissute in una zona di confine tra vita e non-vita che rappresenta uno spazio metaforico e, spesso, reale.
“Vicini margini” nasce dalla necessità di scavare nei concetti di margine, di confine, di emarginazione e autoemarginazione, e di esplorare esistenze vissute in una zona di confine tra vita e non-vita che rappresenta uno spazio metaforico e, spesso, reale.
Oltre alla tua carriera musicale, sei coinvolto in molte altre forme d'arte, come la scrittura e l'interpretazione. Come bilanci queste diverse sfaccettature creative nella tua vita quotidiana?
Hai collaborato con diversi artisti e professionisti nel corso della tua carriera. Come scegli i tuoi collaboratori e quanto queste collaborazioni influenzano il tuo processo creativo?
Cerco di cambiare spesso collaboratori, soprattutto per evitare di essere ripetitivo: credo che la ripetitività uccida le arti, non soltanto la musica. Spesso però, purtroppo, è più facile scegliere l’autoreferenzialità e l’autocitazionismo sfrenato che abbandonarsi a un processo creativo puro, vero, nuovo e innovativo.
Oltre alla tua carriera musicale, hai interpretato ruoli in diverse serie TV e hai scritto romanzi e saggi. Come influiscono queste esperienze sul tuo approccio alla musica e alla scrittura?
La recitazione, la scrittura di romanzi e di opere teatrali mi aiutano molto, perché spesso nelle storie che racconto non sono io a parlare, mi limito a prestare la voce a un immaginario Io poetante o Io narrante. Mi diverte molto questo utilizzo di un narratore e credo che in tal modo esca fuori un significato sempre nuovo, meno banale.
L’attività nella saggistica, invece, mi aiuta ad aggiungere una componente razionale, che reputo fondamentale per costruire un senso artistico compiuto ed esteticamente valido.
Il tuo saggio "Il Metodo V.D.A.M. Una pedagogia attorica" è accompagnato da un documentario. Puoi condividere con noi di cosa si tratta e cosa ti ha spinto ad esplorare questo argomento?
L’amore per la recitazione è sbocciato tanti anni fa, quando ancora piccolo, nel 2001, ho deciso di frequentare le lezioni del maestro Carlo Merlo (1931-2022), docente, per oltre venti anni, di "Educazione della voce" all'Accademia Nazionale D'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Una decina d’anni dopo, durante i miei studi universitari, ho deciso di approfondire il V.D.A.M., il Metodo di recitazione creato da Merlo, e di scrivere questo saggio corredato da una lunga videointervista al maestro stesso. La peculiarità di questo Metodo di recitazione consiste, in breve, nella sostituzione dell’utilizzo dell'emozione razionale, quale elemento fondante dei Metodi tradizionali dell'ultimo secolo (quello di Stanislavskij in primis… a volte ritornano!), con l'immaginazione e la sensazione, unite a una tecnica attorica virtuosistica. Un argomento che ho reputato interessante e innovativo.
Grazie Angelo per la tua disponibilità e per condividere con noi la tua straordinaria esperienza artistica e creativa.
Tags :
Interviste