Intervista allo scrittore Marco Gottardi


Oggi vi parliamo del romanzo “Le negazioni” dell’autore Marco Gottardi, pubblicato da Emersioni.
Scritto interamente in prima persona al presente, il romanzo abbatte le distanze tra scrittore e lettore, consentendo a quest'ultimo (attraverso una prosa vivida e risoluta nella quale sono evidenti i modelli di Faulkner e Onetti) di identificarsi in Valter, nella sua storia, nel valore di un ritorno a casa che è in ultima istanza la costruzione di un perdono.

Ciao Marco. Come nasce la storia che racconti nel romanzo “Le negazioni”?
La genesi di questo lavoro è molto diversa rispetto ai due romanzi precedenti. Qui, prima della storia, prima di tutto, c’è un’idea di teoria letteraria nuova, basata sul concetto di negazione, che mi ero convinto di mettere alla prova nella forma di un romanzo. Si trattava di raccontare i fatti non come accadevano ma come non accadevano, di descrivere i personaggi non per le caratteristiche che avevano ma per le qualità che non possedevano, ovvero di fare un’operazione simile a quella dello scultore, che toglie per far sì che resti l’opera. La storia è venuta dopo, ed era un’idea che mi girava per la testa da un po’: continuavo a immaginare una porta che sbatte, un litigio, un addio perentorio, secco, insomma la fine di un rapporto. E quella fine è diventato l’inizio del romanzo…

Come hai vissuto la fase della scrittura e poi l’iter per la pubblicazione? Ti va di raccontarci qualche aneddoto?
La fase della scrittura è sempre la più bella, la più divertente, la più libera, anche se spesso si fatica, ci sono momenti di stallo in cui si pensa di non riuscire ad andare avanti, giorni o periodi di scarsa ispirazione in cui non si scrive. Ma in realtà uno scrittore, uno scrittore vero, sta scrivendo anche quando non scrive, e anche l’accadimento apparentemente più insignificante può sbloccare, ridare entusiasmo. E poi, quando nascono quelle pagine che quando le rileggi salti sulla sedia per quanto belle sono le parole che hai messo insieme, allora in quel momento ti scordi tutto, e capisci perché ami scrivere. Finito il libro inizia la fase di ricerca di una casa editrice, con le solite speranze e le illusioni, con la consapevolezza di essere in un formicaio gigantesco in guerra uno con l’altro, perché le case editrici sono subissate di lavori inviati da bravi autori ma anche da un carname di improvvisati artisti in cerca della gloria che colmi la loro pochezza. E gli editori non possono pubblicare tutto (anche se spesso pubblicano cose indegne, intendo con errori gravi di coerenza della storia o di grammatica, cose da penna rossa), quindi essere pubblicati (senza pagare, mi raccomando) è già una vittoria. Pensate che poco tempo un editor di successo mi ha detto che oggi non si pubblicano più i libri perché sono belli... il mio fa eccezione, ovviamente.

Cosa vorresti che i lettori riuscissero a comprendere leggendo questo romanzo? Quale segno vorresti lasciare in loro?
Prima di tutto vorrei che il lettore provasse piacere per lo stile con cui è scritto il romanzo, per me la seduzione del lettore tramite la sensualità e la profondità delle parole è la cosa più importante, più ancora della storia. La storia è un pretesto per fare l’amore con il lettore. Non voglio insegnare nulla, sono un parnassiano e credo nel concetto dell’art pour l’art, nell’assoluta inutilità dell’arte (e la scrittura è l’arte più difficile di tutte) che ne decreta la necessità, credo in una narrativa svincolata da ogni istanza etica, educativa, credo nel piacere della letteratura intesa come sublimazione della parola, come ricerca di un’estetica libera e appagante. Certo, poi, a differenza dei due romanzi precedenti, questo è anche una bellissima storia (con un bel finale a sorpresa) che tocca temi universali come l’amore, il perdono, la colpa, l’egoismo, il rapporto padri-figli.

Stai scrivendo un nuovo libro? Puoi anticiparci qualcosa?
Ho in mente altri tre romanzi. Peccato non poterli scrivere tutti assieme! Un paio attendono in fase embrionale, sono libri moderni con personaggi disincantati e scanzonati, scritti con uno stile agile, fresco, contemporaneo ma con quel velo poetico che è la mia cifra distintiva anche adesso che ho smesso di fare il poeta. Sto lavorando su quello più promettente, a mio avviso, incentrato sul tema del tempo, della memoria, delle radici. E su questo sto facendo un lavoro stilistico diverso, più profondo, con un respiro più ampio e solenne, più tradizionale per certi versi, ma anche decisamente più maturo ed equilibrato. Deve essere il romanzo della mia consacrazione.