Anna Utopia Giordano: il suono e la parola come esperienze

Decisamente privi di appigli quotidiani questi fotogrammi realizzati come impronte sonore o come istantanee di tempo e di luce… dove comunque alla luce è chiesta estrema intimità e pochissimo sfarzo, dove il colore sembra tenue e privo di argomenti. Dove anche il silenzio ha un peso specifico da non trascurare. Anna Utopia Giordano, modella e performer dell’arte visionaria e della parola… lei che alla parola ha affidato la direzione e il senso di questo lavoro dal titolo “Fogli d’ombra”, parola che si adagia con coerenza e fascino dentro le musiche scritte da Giuseppe Fiori, Leonardo Barilaro e Un Artista Minimalista… e tra l’altro porta la firma di quest’ultimo la composizione sonora che arreda le liriche del brano “Entelechia (o sul senso del dovere)” di cui troviamo il video teaser da poco pubblicato e che vi regaliamo a seguire. Scorci… suggestioni… impressionismo estetico e letterario… il suono come filo conduttore ma anche come nuova configurazione della normalità.

Progetto assolutamente di raffinata ricerca. Il nero come l’epico sentire, le sagome, le distorsioni spesso che vediamo dentro le immagini associate al disco… tutto questo è correlato vero?
Sì, c’è una correlazione tra le immagini associate a Fogli d’ombra, i testi e i suoni: questi elementi più che tracciare bordi ben definiti di concetti, parole o eventi, tentano di evidenziare – ognuno a suo modo - quanto questi limiti siano sfumati, fuori fuoco e nebulosi, pur rimanendo agganciati a una struttura precisa. Non è semplice circoscrivere ciò che c’è dietro ad una parola quando entra in gioco la soggettività. Se senti o leggi parole come luce, sedia oppure felicità, a cosa pensi davvero? E come mai pensi proprio ciò che stai pensando? L’unica immagine più nitida, ma anch’essa presenta una doppia esposizione, è la copertina dell’album, c’è un motivo per questa scelta ma sono curiosa di conoscere il parere altrui.

Utopia… per te cosa significa questa parola e perché la troviamo dentro il tuo nome?
Utopia è la tensione verso il miglioramento, la crescita interiore, la ricerca e lo studio, la curiosità, ma è anche apertura e cambiamento. Mi ricorda anche che è impossibile raggiungere un ideale di perfezione, uno stato in cui tutto è conosciuto e compreso. Ciò che è determinante è il non fermarsi, non chiudersi. C’è sempre qualcosa di più, nuove variabili, elementi non considerati ed evoluzione costante. È così che interpreto questa parola ed è questa interpretazione che l’ha legata al mio nome. 

La bellezza come e quanto incide sulla forma della tua produzione?
Sento e percepisco il bello in modo mutevole, è un concetto che reputo molto dinamico. Il bello si muove e commuove, è dotato di una certa carica capace di toccare le corde di chi si trova di fronte ad esso. Trovo una certa grazia nelle armonie semplici, ma il mio bello è in visioni che possono sembrare anche estremamente dissonanti. La regolarità, le proporzioni ordinate, possono attrarmi inizialmente ma non mi affascinano sul lungo termine. Alcuni elementi inattesi, come l’inchiostro che sporca le righe del foglio su cui scrivo, mi intrigano maggiormente, seguendoli arrivo a bellezze impreviste. È in questi strappi dell’ordinario, nelle imprecisioni di pensiero, che percepisco qualcosa che può condurmi al bello, ed è questa sensazione che incide sulla mia produzione.  

E dal vivo? Ora che si sono riaperte le gabbie…
A fine maggio ho partecipato con una versione alternativa di Entelechia (o sul senso del dovere), lunga quaranta minuti, ad Art Happening Varese, un festival di arti performative a cura di Alex Sala e Sonia Catena presso la Lavit & Friends Art Gallery (Varese). È stato entusiasmante tornare alle performance dal vivo dopo un anno e mezzo di collaborazioni online. Attualmente sto lavorando ad una installazione sonora per un evento dal vivo e, per ora, tutte le altre collaborazioni previste si svolgeranno ancora tramite internet. Spero di avere l’opportunità di partecipare ad altri eventi dal vivo nei prossimi mesi.