Tiziano Papagni: la poesia rimane il mio primo amore, ma scrivere un libro sulla pizza è stato un invito alla fratellanza


Lo scrittore Tiziano Papagni, dopo essere uscito sul mercato editoriale con il libro di poesie “L’angelo dalle ali spezzate”, è tornato in questi mesi a far parlare di sé per la nuova pubblicazione “'A PIZZA Storia del cibo più amato al mondo”, entrambi con la firma dell’editore napoletano LFA Publisher.
 
Tiziano, prima di parlare del tuo ‘gioiello culinario’ vorrei soffermarmi con te sull’arte della poesia. Una silloge ha segnato per te l’esordio letterario, potremmo dire che il primo amore non si scorda mai?
Proprio così, il primo amore non si scorda mai. Sembra sempre una frase retorica ma non lo è, anzi, riaccende in noi quel ricordo ormai lontano, quasi nostalgico.

Quali difficoltà o, al contrario, quale linearità hai trovato di fronte a te durante la stesura delle tue poesie?
Non ho trovato alcuna difficoltà. Non ho bisogno di pensare “stramaledettamente” per far uscire un verso. Il mio modus mi “afferra" la mano, il pensiero e, grazie a questo, scrivo senza difficoltà.

All’interno della raccolta c’è un’ode che ti è particolarmente cara?
Sì, certo, ve la propongo:
“Sincero perverso il tuo sguardo. Ardore di una vita sola e vuota.
Buffe risa compaiono sul tuo volto scarno, pallido, pieno di ombre. Nubi nere che sovrastano ancora il mio cielo che cercava di tingersi di un tenue azzurro.
Pieno di insidie, cammino in un sentiero. Tortuoso debole amaro”.
Preciso che il mio modello è Petrarca e che la maggior parte delle mie opere ha stile petrarchesco. Non solo Petrarca, ma anche Leopardi. Le loro rime, a mio avviso, hanno una peculiarità sonora strabiliante.

Come hai fatto a dare voce a una donna e al suo sentire pur essendo un uomo?
La donna in questione la conosco da tempo e, nell'anonimato, le ho dedicato questo libro. So che era molto felice all’inizio del matrimonio, poi durante i suoi trascorsi con un uomo che la faceva soffrire è piombata nel baratro. Il marito non sta più con lei, l'ha lasciata sola. Ha pensato al suicidio, ma il bene dei figli le ha dato la forza per reagire.


Veniamo al libro sulla pizza: indubbiamente un bel salto letterario agli occhi dei tuoi lettori. Come è avvenuto?
Sì, certo, è un enorme salto letterario, ma nella vita bisogna anche cambiare, per qualsiasi cosa, per trovare nuovi stimoli, o semplicemente per curiosità. L'ho fatto per tutti e due i motivi. Eravamo in piena pandemia durante il primo lockdown, non si poteva uscire di casa se non per comprovata necessità e tra le regioni opposte dello stivale non correva buon sangue. Ho deciso quindi di scrivere il libro sulla pizza proprio per imprimere quell'unità nazionale. Cosa c’è di meglio della pizza ad accomunare gli italiani? L'ho realizzato per questo, per un’idea di fratellanza e di unità anche culinarie, che non guasta mai. Possiamo dire che la nostra pizza è un bene dell’Umanità.

Borges, Neruda, Parini, De Filippo, Rodari e Aldo Fabrizi: il cibo è poesia per tanti artisti di ogni tempo. E se ne parla persino nella Bibbia. Saresti capace di omaggiare una pietanza scrivendo un componimento in versi?
Facciamo una succulenta fiorentina.  “In su la griglia cuoce la fiorentina, da Bacco accompagnata gustosa è, avverato il sogno della vetrina, la fiorentina di tutti il desìo”.

Negli ultimi mesi, inoltre, ti vediamo nelle vesti di redattore di varie testate sparse sul territorio nazionale. Come è stare dall’altra parte, ovvero dalla parte di chi intervista e non di chi è intervistato?
Direi piacevole, ma anche impegnativo. Il lavoro che svolgo mi piace, sono contento.

Un’ultima domanda: ti proporresti mai al direttore di un giornale per curare delle rubriche di cucina?
Certo, perché no. Penso che possano servire ed essere seguite.

Intervista a cura di Francesca Ghezzani