Naftalinas: un sound Manouche, un incedere Gipsy

Che bel titolo per questo disco d’esordio: “Dieci storie sempre al limite del guaio”. Serve dire altro? Che poi, anche pensare ad un viaggio di sola andata tra i Caraibi a Manfredonia, lascia forse perplessi o forse semplicemente affascinati. Esordio tra intelligente e pulita (auto)ironia e gusto verso la forma canzone che si macchia di suoni acustici di Jazz Manouche con quella sabbia Gipsy che proviene dai lunghi viaggi a contatto con la tradizione dell’uomo (di periferia) prima ancora che con le sue ultime invenzioni tecnologiche. Anzi, in questo primo disco del collettivo dei Naftalinas, il futuro sembra davvero non avere “futuro”. Poco o niente da additare agli espedienti tecnologici, quindi, lasciando invece alla loro mano artigiana il compito di regalarci canzoni e storie quotidiane arricchite di fascino proprie di un narratore ancora bambino nell’anima. Canzoni di terra dicevamo, canzoni diversamente sobrie, canzoni semplici in un tipo dove anche la musica sembra cibernetica e inarrivabile. A noi piace questo sapore di verità…

Quando il Jazz Manouche incontra il pop italiano senza passare dall’elettronica… finalmente direi anche… che cosa si è ottenuto secondo voi?
All'inizio delle registrazioni avevamo un'idea abbastanza chiara di ciò che avremmo voluto realizzare. Un disco di brani originali che avesse un carattere personale e che ci assomigliasse. 
Doveva suonare leggero e nel contempo avere contenuti. Musicalmente non volevamo soffermarci su un genere ma sfiorarne tanti, creando una creatura pop con solide basi nello Swing,il tutto potenziato da collaborazioni musicali importanti, gente passionale e innamorata della musica, amicizie consolidate negli anni di circuito musicale condiviso. Alla fine delle registrazioni abbiano un'unica certezza: Ci siamo divertiti e speriamo che il disco possa divertire chi lo ascolta. 
Visto il periodo potrebbe fungere da antidepressivo. 
Abbiamo comunque proposto a chi acquista il disco fisico(c'è anche un CD) una serie di utilizzi alternativi dell'oggetto tramite degli spot esemplificativi sui nostri canali.

Dunque l'irriverenza dei Naftalinas sta anche nello “snobbare” le tendenze di oggi? Insomma come dire: si può (anzi si deve) fare altra musica?
I dischi che vogliono sembrare alla moda hanno per noi un grande difetto che è quello di finire in un calderone di omologazione che rende tutto troppo piatto. Una strada particolarmente difficile soprattutto per chi vorrebbe emergere nel mainstream. Noi avevamo un compito facilitato: Scrivere un disco senza aspettative.Un successo annunciato rispetto a chi insegue un qualcosa di inarrivabile per anni. 
Secondo noi per assurdo "L'altra" musica può rendere più bella anche la Trap ricreando una "biodiversità" musicale che negli ultimi anni sembra veramente mancare.
Ridateci le chitarre!! 

Da quali “ceneri” o da quali semine sono nati i Naftalinas?
Più semine che ceneri di sicuro. Io, Antonio Bucci, vengo da una storia di musica barricadera con un po' di dischi a firma Pseudofonia gruppo di Combat  Folk  pugliese  con all'attivo tanti live(tra il 1998 e il 2010) in Italia e vittorie in contest nazionali come Arezzo Wave ed Enzimi di Primavera di Musica di Repubblica. Cesare Cortassa è stato la voce in diversi gruppi di Soul a Torino e poi in contesti legati alla musica retrò italiana e francese. 
Vincenzo Vona ha trascorsi orgogliosamente Metal nel milanese mentre Davide Camilletti suona tuttora  le chitarre in un gruppo demenziale Veneto. 
Quattro regioni e tre generazioni diverse. 

E poi tantissime collaborazioni… vissute al momento, incontrate dal caso oppure ben inseguite e cercate con attenzione?
Un insieme di situazioni legate a un circuito comune, quello dell'ukulele. Tutti i musicisti che hanno suonato nel disco suonano anche il quattro corde hawaiano. La verità è che l'ukulele in musica rappresenta ciò che la due cavalli è stata per le auto. Se ne possiedi uno finirai a fare comunella e amicizia con un altro felice possessore. Nei festival quindi il gruppo di amici è aumentato fino a essere una comunità di 50 persone con intenti comuni. I nomi sono troppi e rimanderei ad altre sedi ma si tratta di session man e turnisti di fama nazionale a cui dobbiamo molto per la riuscita del disco

Perché “Tutti vogliono imparare a suonare il Gipsy Jazz” secondo voi?
Oggi avrei detto il contrario ascoltando un disco rap, ma non penso sia questa la chiave di lettura…
Il titolo di Wertmulleriana memoria avrebbe potuto essere ancora più lungo aggiungendo Tutti i musicisti… In realtà si gioca sull'assonanza col classico Disney e sulla nostra incapacità reale di riuscire a suonare correttamente un classico del manouche di Django Reinhart. Così nasce una canzone su un viaggio legato all'apertura mentale e all'apprezzare la diversità culturale gitana che termina in un disastro annunciato tragicamente comico, 
perché nel nostro disco i personaggi sono sempre al limite del guaio.