Recensione di “Danza macabra” di Paola Grandis: un noir torinese tra scienza e crimine

 

Un cadavere sepolto sotto un cumulo di scheletri al Museo Lombroso di Torino. È questa la scena potente e perturbante che apre “Danza macabra” (Pathos Edizioni), il nuovo romanzo di Paola Grandis, scrittrice che si conferma capace di intrecciare tensione narrativa, riferimenti storici e psicologia dei personaggi.
 
Protagonista è Eva Graneris, commissaria prossima alla pensione, figura complessa e fragile al tempo stesso. Costretta a misurarsi con la fine di una carriera che ha definito la sua identità, Eva si ritrova a guidare un’indagine che non lascia spazio a esitazioni. Il caso, tutt’altro che convenzionale, trascina lei e la sua squadra dentro un labirinto fatto di antiquariato librario, manoscritti rari, segreti di famiglia e ossessioni collezionistiche, in cui il confine tra scienza e crimine si fa sempre più sottile.
 
Grandis utilizza il Museo Lombroso come simbolo di una Torino misteriosa e stratificata, città in cui le ombre del passato non smettono di intrecciarsi con il presente. La scrittura alterna momenti lirici – in cui emergono i ricordi e le inquietudini della protagonista – a scene quasi cinematografiche, che restituiscono l’adrenalina di un’indagine serrata.
 
Quello che colpisce, però, è la capacità dell’autrice di non fermarsi alla superficie del giallo: dietro al delitto si cela un intreccio di temi universali – il potere dei libri, il rapporto tra scienza e morale, la complessità dei legami familiari – che arricchiscono la trama e offrono al lettore una riflessione più ampia. “Danza macabra” è dunque un poliziesco colto, raffinato, che riesce a coniugare intrattenimento e profondità, e che conferma Paola Grandis come una voce originale nel panorama del noir italiano.