Fabio Martorana: “Perdersi per ritrovarsi, insieme”. L'intervista de Il Riflettore

Fabio Martorana - foto autorizzata

Con un passato musicale che abbraccia il rock e un presente che parla d’amore, Fabio Martorana presenta il suo nuovo singolo “Sarà come perdersi”. Prodotto da Giancarlo Amendola e pubblicato da Warner Music, è un brano di grande intensità emotiva, capace di raccontare il lato vulnerabile ma potente delle relazioni umane. Ne abbiamo parlato con lui.


Fabio, cosa ti ha spinto a scrivere un brano così introspettivo in un periodo in cui la musica sembra puntare più sull’evasione?

La mia vita è sempre andata un po’ controtendenza, ma non credo sia solo questo il motivo per cui scrivo brani introspettivi. Penso sia più una necessità interiore: mi manca quel tipo di musica che sa andare in profondità, che unisce parole significative a una melodia capace di toccarti dentro. Ho il bisogno di risentire quella musica che emoziona, che racconta qualcosa di vero e universale, e che riesce a fondere sensazioni e riflessioni. Forse scrivo così proprio perché vorrei ascoltare di più questo tipo di sincerità anche negli altri.

“Sarà come perdersi” ha una struttura classica ma un’anima moderna: come trovi questo equilibrio tra tradizione e innovazione?

Amo l’innovazione, ma solo quando è accompagnata da elementi che conservano una certa eleganza classica. Cerco sempre il giusto bilanciamento tra la modernità dei suoni attuali e la profondità emotiva delle strutture tradizionali. Mi piace sperimentare, ma senza perdere il legame con le radici musicali che mi hanno formato.

Il videoclip sembra raccontare una storia sospesa tra ricordo e realtà: come hai costruito il concept visivo?
Credo che i flashback siano tra le immagini più potenti, perché evocano emozioni immediate. Per questo ho voluto inserire dei momenti che sembrano scene quotidiane, ma che in realtà sono ricordi nascosti, camuffati nel presente. È un modo per raccontare come i pensieri e le emozioni del passato continuano a vivere dentro di noi, influenzando il nostro presente senza che ce ne accorgiamo davvero.

Quanto c’è di autobiografico nel tuo approccio alla musica?

Tantissimo. Ogni canzone nasce da un’emozione reale che ho vissuto, o che mi ha attraversato. Non riesco a scrivere se non mi sento coinvolto profondamente. Prima di mettere una parola su carta, cerco sempre qualcosa dentro di me: un ricordo, una sensazione, una ferita o una gioia da trasformare in melodia.

Hai studiato molto, sei laureato due volte, eppure la musica è rimasta al centro. Come riesci a coniugare le tue anime?

Cerco sempre un equilibrio tra la mia parte artistica e quella razionale. È come camminare su un filo sottile: da un lato c’è l’ingegnere, concreto e analitico, dall’altro l’artista, emotivo e libero. Probabilmente, come diceva Re Salomone, la verità sta sempre nel mezzo. Credo profondamente in questa visione: tenere insieme mondi diversi è possibile, se c’è armonia tra le parti.

Nei tuoi testi c’è spesso un richiamo alla consapevolezza e alla riflessione. È una scelta artistica o una naturale inclinazione?

È una naturale inclinazione. Riflettere, cercare un senso più profondo nelle cose, è parte del mio modo di vivere e di osservare il mondo. La consapevolezza è ciò che mi aiuta a restare in equilibrio, e inevitabilmente finisce dentro le mie canzoni. Scrivere è anche un modo per fermarmi e ascoltarmi.

Con “Sarà come perdersi” quale messaggio vorresti arrivasse forte e chiaro a chi ti ascolta?

Vorrei che arrivasse l’idea che anche dopo un momento buio può tornare la luce. Che la tempesta può insegnarci a riconoscere e apprezzare meglio il sereno. E che quando impariamo a viverlo con più consapevolezza, ogni emozione diventa più intensa, più viva, più vera.