Morandini: il pop barocco di “Eden”

Sempre affascinante quando si torna indietro con il tempo e con i modi… ed i costumi non sono certo un dettaglio minore per un artista come Riccardo Morandini che in questi due nuovi video mette in scena con molta attenzione per l’arte e le sue forme. Il corpo femminile che danza o le introspezioni della solitudine sempre immortalate nel suggestivo giardino monumentale di Valsanzibio di Villa Barbarigo Pizzoni Ardemani a Valsanzibio - Padova. Il barocco che fa da corona ad un pop lirico, disteso su piattaforme digitali, liriche che richiamano nel mood e nelle soluzioni quel certo Battiato degli anni filosofici o i più immediati Baustelle. Si ritorna al canto, si ritorna alla verità, si denuncia in qualche modo l’effimera scusa che diamo alla nostra “onnipresenza” di scena. E il tutto dentro antichi modo di pensare alla musica… forse i più sani. “Eden”, come prima prova di Riccardo Morandini, lo troviamo in vinile che gira a 45 giri. “Eden” è davvero il giardino di tutte le cose possibili. Ma a me resta forte il bisogno di restituire a noi la responsabilità di approfittarne come si deve.

Debutto analogico. Che poi è assai in linea con il mood antico di questo video. Eppure dal suono arriva il futuro. Ci aiuti a fare ordine?
La scelta di registrare a L’amor mio non muore, sala d’incisione votata all’analogico, nasce innanzitutto dal lungo sodalizio con Alberto Bazzoli, uno dei due soci. Poi il gran numero di tastiere disponibili in studio offre una ricchissima tavolozza sonora e apprezzo il calore che può dare l’analogico ad una produzione. Il mix e un ulteriore lavoro sulle timbriche sono invece stati fatti in digitale. In questo modo abbiamo preso il meglio dei due mondi: c’è tutto il futurismo retrò degli anni ’70-’80, riattualizzato e rinforzato dal passaggio in digitale.

 
Dunque ti chiedo: per Riccardo Morandini che significato e che peso ha il tempo? 
Il tempo, tema dominante in questo disco, ha innanzitutto un valore esistenziale: è la misura del nostro stare al mondo. La caduta dall’Eden è l’entrata nella temporalità. L’uomo abbandona l’innocenza ferina e diventa l’unico animale cosciente della propria mortalità, del proprio tempo limitato. È proprio la limitatezza dell’esperienza umana, il suo essere breve intervallo tra nascita e morte a far scaturire l’esigenza di senso. Senso, bene e male, scelta, sono tutte parole che non avrebbero significato se non ci fosse la morte, se non ci fosse una fine del tempo. Soprattutto in “Raccolto”, il tempo invita al “conosci te stesso”. Ammonisce, livella le priorità ed esorta a liberarsi dalle identificazioni fasulle, per rivolgersi al nucleo divino ed autentico all’interno di noi stessi. Quel nucleo dove troviamo il tempo di Dio, il tempo immobile dell’istante e dell’eternità.

“Eden” penso sia un disco molto sociale a suo modo… non trovi?
Si, si parte dall’esperienza individuale, ma quest’ultima viene contestualizzata all’interno di fenomeni collettivi. Data la reciprocità e interdipendenza tra individuo e società, penso sia giusto analizzare le cose da entrambe le prospettive o si rischia di avere sempre una visione parziale. Il pensiero di un filosofo è determinato dal contesto sociale in cui è nato? Un politico agisce in un determinato modo perché guidato da pulsioni inconsce? 

Oggi stiamo andando incontro ad una omologazione spietata, dal linguaggio alle attitudini. A cosa si arriverà secondo te?
L’appiattimento delle differenze connesso alla globalizzazione e alla diffusione capillare della rete spaventa molto e infatti negli ultimi anni sono sorti tanti nuovi populismi in rivolta contro questa tendenza. A mio parere però, la soluzione non è chiudere le frontiere e impedire alle persone di spostarsi, quanto preservare il tesoro della differenza pur in una società multiculturale, educando innanzitutto le persone e limitando il potere omologante del mercato. 

Lo stilema sembra rispolverare grandissime glorie, da Battiato ai Baustelle passando per una schiera di tantissimi ascolti di maniera. Le tue vere radici?
Sono davvero onnivoro a livello di ascolti. Da adolescente ho iniziato a suonare ascoltando metal e hard rock, poi ho studiato jazz al conservatorio. Battiato e i Baustelle sono sicuramente tra i riferimenti “cantautorali”. Ultimamente sto ascoltando molto i C.S.I., ne apprezzo molto la qualità testuale. 

Il vinile… per tornare da dove siamo partiti. In pieno futuro apocalittico si torna ai solchi di un vinile… perché?
È una scelta abbastanza comune ultimamente e nasce soprattutto da ragioni pragmatiche: è un oggetto molto più affascinante del CD, che è in piena decadenza come supporto, e ha molta più attrattiva sia per l’acquisto che come biglietto da visita. Inoltre permette di dare il giusto spazio all’artwork, la cui realizzazione ho seguito personalmente e a cui tengo molto!