Intervista alla band dei Thëm per “Giacere”


I Thëm ritornano con "Giacere", un singolo che mescola rabbia contenuta e introspezione profonda. La produzione fisica e diretta del brano cattura l'energia del loro live, mentre il passaggio all'italiano riflette un'evoluzione naturale nella loro espressione artistica. Con "Giacere", la band trasmette un messaggio potente, esplorando il tema dell'autenticità in un mondo giudicante.

“Giacere” suona come un urlo controllato. Come bilanciate rabbia e introspezione nei vostri brani?
Diciamo che il “controllo” non è mai comandato se così si può dire. 
Siamo molto istintivi nella scrittura, ma il più delle volte cerchiamo di bilanciare le parti più spinte a quelle più riflessive in modo da mantenere l’attenzione e diversificare i momenti all’interno del brano.

La produzione del brano è molto fisica, materica. Come avete lavorato in studio per ottenere quel tipo di impatto?
Come detto (forse) in un’altra intervista abbiamo semplicemente suonato al meglio (forse ahah). 
Vogliamo mantenere sul disco lo stesso approccio e impatto del live. Quindi microfonatura “standard” della batteria, DI del basso mixata col cabinet del basso microfonato, 4 tracce di chitarra (2 per lato con 2 ampli diversi), una traccia vocale (che il più delle volte è stata one take). 
C’è da dire che di base dovevano essere delle preproduzioni, ma come è stato per Frames alla fine siamo rimasti soddisfatti (per quanto soddisfatti non lo siamo mai) del risultato e abbiamo tenuto queste. 

Siete passati all’italiano dopo “Frames”: cosa vi ha portato a questa scelta linguistica?
Niente in particolare. È stata una virata naturale e non obbligata. Dopo Frames il primo pezzo scritto è stato “Incontrami” (che sarà l’opening del disco). L’abbiamo provato in italiano e in inglese, funzionava decisamente meglio in italiano e da li è stato tutto automatico. Anche se all’interno del disco ci sono ancora due pezzi in inglese. 
Un altro punto è che prima di Frames non avevo mai scritto e/o cantato quindi dichiamo che l’inglese è stato come una coperta di Linus temporanea.

Quanto conta per voi che l’ascoltatore comprenda davvero le parole, non solo il suono?
Prima meno, ora molto di più. 
Parlavamo anche tra noi inizialmente sul fatto che siamo passati dal non voler assolutamente scrivere in italiano a farlo e in un certo senso “puntare” anche sui testi oltre che sulla musica. 
Se prima stavano su due livelli diversi ora possiamo dire che vanno a braccetto.

Se doveste definire “Giacere” con una sola immagine visiva, quale sarebbe?
Direi che l’appeso della copertina rende perfettamente l’idea. 
Nella costruzione dei testi partiamo sempre da parole dette a caso quando abbozziamo il pezzo, che poi vengono concretizzate in un secondo momento in base a metrica o assonanza; quindi, dare un’immagine non è mai facile.  
Dal mio/nostro punto di vista volendo trovare un significato è stata un’analisi del sentirsi sempre in balia del giudizio esterno, del giudizio della copertina e non del contenuto, del “dover essere” a cui ci sta abituando la società d’oggi, quindi un Giacere in un mare di nulla fondamentalmente cercando di rimanere a galla essendo se stessi