Megaride e il rock in dialetto: tra identità, resistenza e riflessione sociale

 

Il rock italiano ha attraversato fasi alterne negli ultimi anni, oscillando tra momenti di rinnovato interesse e altri di apparente declino. In questo scenario mutevole si inseriscono i Megaride, band che fa della propria identità un punto di forza, mescolando sonorità alternative a un linguaggio radicato nella tradizione: il dialetto napoletano.

Con il loro ultimo singolo “‘Ntò”, i Megaride non si limitano a raccontare un’amicizia, ma danno voce a quelle realtà lavorative spesso dimenticate, ribadendo come la musica possa ancora essere uno strumento per smuovere le coscienze. Il loro percorso artistico è segnato dalla determinazione e da una scelta precisa: restare fedeli alla propria visione, anche a costo di andare contro le logiche di mercato.
In un'epoca dominata dai social e dalle playlist digitali, dove la musica è sempre più soggetta a un consumo veloce e frammentato, i Megaride si confrontano con le sfide dell’industria senza compromessi, consapevoli che la loro forza risiede proprio nella capacità di costruire un legame autentico con chi ascolta.

Abbiamo intervistato la band per approfondire la loro visione sulla scena musicale attuale, sulle difficoltà e le opportunità del panorama indipendente e sul significato profondo del loro nuovo singolo.

Negli ultimi anni il rock, specialmente quello alternativo, ha avuto alti e bassi in Italia. Qual è, secondo voi, lo stato attuale della scena e dove si inseriscono i Megaride in questo contesto?
La scena sembra non esistere da tempo. Si va sempre più ad un tipo di contenuto usa e getta, ancor più del tormentone estivo.
 
La scelta di cantare in dialetto è un segno distintivo della vostra identità artistica. Vi è mai capitato di ricevere resistenze da parte dell’industria musicale o, al contrario, avete percepito un interesse crescente verso questa scelta? 
Magari l'industria musicale ci considerasse. Vuol dire che c'è attenzione, buona o non buona almeno c'è!
 
Oggi la musica passa molto attraverso i social e le playlist digitali. Come vivete il rapporto con queste piattaforme? Le considerate una risorsa o un ostacolo per una band come la vostra? 
Arma a doppio taglio. Da un lato la potenza di poter fare ascoltare la propria musica a chiunque con straordinaria facilità. Dall'altro un'estrema saturazione dell'offerta e di conseguenza un facilissimo rischio di perdita dell'attenzione. Uno skip e via.
 
Nel vostro percorso artistico avete mai avuto momenti di difficoltà in cui avete pensato di mollare? Cosa vi ha fatto resistere e continuare a fare musica? 
Come in ogni percorso ci sono stati dei momenti davvero duri, quello che ci ha fatto continuare è la cocciuta ostinazione a voler fare la nostra musica secondo il nostro credo sapendo di avere accanto degli ottimi compagni di viaggio.
 
“‘Ntò” non è solo una dedica a un’amicizia, ma anche un racconto di realtà lavorative spesso dimenticate. Pensate che oggi la musica possa ancora smuovere le coscienze su certe tematiche? 
La musica come sempre ha la capacità di facilitare la fruizione di messaggi e argomenti importanti, rendendoli accessibili a tutti.
Se si ha voglia di captarli.