MEISE: la malinconia di una scrittura consapevole

Disco eponimo per MEISE, cantautore che mette a nudo le sue maschere attraverso queste scritture decisamente provate dalla malinconia. Disco figlio di un lockdown, che cerca la resistenza, la rivoluzione ma che si completa e si risolve in un decadentismo resiliente. Suono spigoloso, imperante un lo-fi gustoso, dai contorni sbiaditi, nebulosi, acidi quanto basta. Ci ritroviamo dentro le trame quotidiane di una vita rivoluzionata alla sua stessa radice.

Oggi quasi quasi sembra strano parlare di dischi… sembra che tornino di moda i singoli… come approdi al concetto disco?
Le canzoni che ho scritto sono molto collegate tra loro e penso non ci sia altro modo per pubblicarle, seguono tutte quante un discorso unico e per me è come fosse un unico concept racchiuso in brani musicali.

Ma soprattutto perché? Cosa spinge cioè oggi una persona a fare musica, in un tempo che la musica è violentata da tutti e da tutto?
Non credo sia violentata da tutti e da tutto, secondo me chiunque può fare musica o qualunque tipo di arte e il motivo che spinge una persona a farlo credo sia esprimersi. Come nel mio caso che esprimermi tramite la mia musica è quasi l’unico modo in cui lo faccio.

E non a caso c’è della malinconia, dei colori “dannati” se mi concedi il termine forse un po’ esagerato ma che rende bene il concetto… sbaglio?
Ho cercato di imprimere tutto quello che provavo sotto forma di canzoni, sono stati periodi di oscurità dai quali grazie anche a questo EP sono riuscito a trarre qualcosa di positivo per me. Sicuramente la malinconia è una delle emozioni dominanti in quei pezzi.

Raccontaci per chiudere di questo nome…
Il nome deriva dal romanzo di Luigi Pirandello "Il fu Mattia Pascal", letto durante gli anni scolastici, e come il protagonista, Mattia, che cerca di rifarsi una vita sotto il nome di Adriano Meis, io cerco di vivere attraverso Meise, pur sapendo che nel mio letto dormirà sempre Mattia, come Mattia che tornerà nel suo paese alla fine del romanzo.