Daniele Fortunato: la canzone d'autore può vestirsi di svariati colori

E ci trova decisamente d’accordo Daniele Fortunato, cantautore e maestro di scuola, ma anche conservatore di quel certo modo di pensare alla forma canzone. Confidenziale, acustico, dalle pieghe di jazz a quel modo di sembrare popolare ma anche sottile nei significati, se mi è concesso. Si intitola “Quel filo sottile” il suo nuovo disco, ormai venuto alla luce da qualche mese, lavoro che unisce lirica e melodia certamente ma senza troppo dedicare spazio alla resa estetica accattivante ma concentrandosi soprattutto al contenuto, a quel suono suonato, alle maestranze artigianali di un cantautore e del suo background di musici e collaboratori. Dischi che lasciano ben sperare ma che al tempo stesso crediamo vengano soffocati dal rumore mediatico delle mode, sempre puntualmente povere di qualità. Ma sono pure sempre mode…

Nuovo disco tra canzone d’autore e smagliature di Jazz. Che rapporti hai con l’una e con l’altra facciata della musica?
La canzone d'autore può vestirsi di svariati colori.
Amo il cantautorato confidenziale e acustico, che soppesa le parole, che le sceglie e le incastra senza eccedere. Quel pianeta folk capace di emozionare senza troppe complicazioni. 
Al tempo stesso, da ascoltatore, mi affascina il jazz con tutte le sue infinite possibilità espressive e quella connaturata capacità di creare scenari poetici.
In questo disco ho cercato semplicemente di accostare alla forma canzone pop, alcune sfumature jazz , per tratteggiare in maniera delicata i brani unendo tra loro le sonorità che nella quotidianità mi avvolgono e mi fanno stare bene.

E se ti chiedessi del carattere internazionale? Hai mai pensato di dare alla tua musica una veste meno europea? O proprio non sono cose a cui hai pensato?
Credo ci siano dei riferimenti internazionali dentro quello che scrivo.
Per lo meno per quanto concerne il suono, più vicino alle ballate folk statunitensi, che ad uno stile "europeo".  Sicuramente non rientro nella proposta attuale italiana ,quella che va per la maggiore e che si spartisce il mercato tra trap e indie pop.
Non è una scelta anticonformista, ma il modo in cui mi racconto in musica da sempre, che può essersi modificato con lo scorrere del tempo, ma che non ha mai perso la propria natura.

Le nuove leve della canzone d’autore ormai sono dedite anch’esse all’estetica e all’apparire. Da maestro alle nuove generazioni, pensi che questo sia ormai un fenomeno inarrestabile, il nuovo linguaggio oppure c’è ancora speranza?
Alcune forme di espressione musicale attuale, senza estetica e apparenza non esisterebbero.
La musica andrebbe ascoltata con la stessa attenzione che si dedica ad un film o ad un libro. 
Ma il pubblico di questi anni vuole intrattenimento, retroscena, contorno. 
Contenuti visuali e brevi, che colpiscano e affondino l'obiettivo selezionato.
Che siano portate "in scena" rabbia, dolcezza, consapevolezza...poco cambia. 
La canzone è quasi sempre il sottofondo di un clip o di una stories, mentre dovrebbe essere il fulcro della rappresentazione dell'artista.
Ho una sensazione positiva rispetto al possibile ritorno di canzoni meno artefatte, ma sull'importanza della musica, rispetto al personaggio, non osservo una minima inversione di tendenza.

Che poi è un bel segno, da maestro, mostrare ai tuoi ragazzi una faccia “antica” della musica non trovi?
I bambini, con i quali condivido una parte della mia vita, hanno la fortuna di attraversare una fase dello sviluppo nella quale la curiosità è il motore propulsivo di ogni apprendimento. 
Anche se un orecchio è rivolto a ciò che in quel momento i media propongono (i diffusori principali sono internet e in piccola parte la televisione), sono ancora propensi ad attivare il pensiero critico e a sorprendersi. E soprattutto a ricercare significati.
Mi piace vedere come apprezzano il calore del suono degli strumenti veri e come comprendono le difficoltà e l'allenamento che possono celarsi dietro un'abilità.  
Penso che mostrargli certi volti della musica, un giorno permetterà loro di avere qualche riferimento in più, e di non essere travolti completamente dalle proposte massive del mercato.

A questo punto come non chiederti: il vinile? Uscirà in vinile questo disco… visto che ormai è moda?
È uscito in vinile! Ma una sola copia, che abbiamo a casa, e rappresenta un piccolo sogno.
Il fatto è che fra i vari investimenti che stanno dietro alla creazione di un album autoprodotto (e sono tanti!) ho dovuto necessariamente fare delle scelte, e la stampa è stata accantonata per far spazio ad altri aspetti. Sto valutando però una piccola tiratura, da poter distribuire durante i live, nel momento in cui riprenderanno tutte le azioni e relazioni sociali.