Alberto Giovinazzo: "Akinori" come grido d'allarme per la crisi ambientale


In questa intervista, Alberto Giovinazzo ci racconta il suo nuovo singolo Akinori, estratto dall'album Humus, che si inserisce in un contesto narrativo ricco di riflessioni sulla ciclicità della vita. Akinori affronta un ciclo distruttivo, in contrasto con la rinascita centrale nel resto del disco, ma sempre legato a quel continuo alternarsi di sconfitta e speranza che permea il progetto.

Come si inserisce "Akinori" nella trama più ampia di “Humus”?
Akinori è uno dei numerosi personaggi di Humus, il quale viene investito a sua volta dalla ciclicità alla base del disco: un continuo alternarsi di sconfitte e rinascite. 

Nel disco parli di rinascita e cicli vitali: "Akinori" sembra invece raccontare un ciclo distruttivo. È una scelta voluta?
Assolutamente si! Sappiamo bene quanto il mondo sia complesso e quanto la trama del lieto fine è ormai diventata troppo distaccata da ciò che siamo diventati adesso.

C’è una connessione simbolica tra l’acqua di “Akinori” e la terra di “Humus”?
Più che connessione simbolica parlerei di una vera e propria unione materiale in quanto queste due sostanze si alternano sul nostro pianeta con perfetta armonia: dove finisce la prima essa dà spazio all’altra e viceversa.

Quale legame trovi tra il deterioramento naturale (di cui parla “Humus”) e quello morale (che emerge in “Akinori”)?
Così come l’humus in natura subisce un proprio deterioramento allo stesso modo l’animo di Akinori si frammenta nei suoi pensieri, devastato dagli incubi delle sue azioni.

"Humus" celebra la resilienza, "Akinori" denuncia l'indifferenza: come convivono questi due aspetti dentro di te?
Fortunatamente non sono mai stato “affetto” da indifferenza, ho ricercato sempre un interesse in ciò che vivo con la musica ma anche nella vita di tutti i giorni. Questa continua riflessione spesso mi ha portato a scontrarmi con me stesso ma, non mi spiego ancora come, però a volte sembra che dopo una strana ciclicità tutto ritorna al suo posto, e forse è proprio alla resilienza che devo dire grazie.