INTERVISTA | Valentina Mattarozzi con le sue Virtù Nascoste
La cantautrice bolognese messa sotto il riflettore si racconta
Ciao
Valentina benvenuta. “Virtù Nascoste” è il tuo album. Raccontaci come è nato il
titolo e quali virtù nasconde?
Il titolo è nato spontaneamente
man mano che i brani si formavano. Calco i palchi da tanti anni come cantante e
ritenevo fosse solo un passatempo scrivere musica, come già facevo da quando
ero ragazzina. Componevo solo brani strumentali, non c’era ancora stata l’
“evoluzione cantautoriale” che mi ha travolto in questo periodo e che mi ha
dato la possibilità di accostare dei testi alla musica. Ma in questo album si
parla anche di virtù, come la fortezza , la temperanza e soprattutto si parla
dell’amore che fa da motore alla Vita.
Nel
disco sono presenti 11 tracce. Quale risentendola o suonandola live ti desta le
maggiori vibrazioni ed emozioni e come mai?
Capita che l’emozione quasi mi
sovrasti quando canto o riascolto “Neve Sospesa”. Perché parla di un momento
molto intimo, dove le emozioni che racconto sono state così forti da farmele
rivivere ogni volta che riascolto o ricanto la canzone. Risorge tutto il peso
di quel momento tanto che spesso mi scendono le lacrime e mi chiedo, sei tu
Valentina che l’hai scritto? Proprio tu? Come hai fatto a trasmutare quel
momento così triste in qualcosa di sublime come la musica? E credo che quella canzone sia stata un dono,
sia arrivata dal cielo per me e per tutte le persone che hanno bisogno di
amarsi un po’ di più.
“La Vita dei Miracoli” è il l’ultimo singolo uscito in promozione. Perché lo hai scelto e come scegli di solito i brani da lanciare?
“La Vita dei Miracoli” è un
brano con un testo che regala un senso di speranza, e il suo sound brasiliano è
una bella nota di colore, che in questi tempi, così grigi, fa solo bene al
cuore. E ci voleva in questo periodo un
poco di “follia”. Il colpo di stravaganza è stato introdurre il ritornello con
una lingua inventata (beda dabuè dabuè), quasi come fosse un mantra. In realtà
non ci ho neppure pensato, è arrivato dall’etere assieme alla musica e quelle
sillabe mi riecheggiavano nella mente come se le conoscessi da tanto tempo. Poi
ripensandoci credo che siano sopraggiunte per il mio amore per il jazz, dove
nell’improvvisazione vocale, lo “scat", si utilizzano spesso le sillabe
“be da bu”. I brani da lanciare io li vorrei scegliere sempre di pancia, ma poi
mi faccio consigliare dai miei collaboratori, anche perché credo che ognuno di
loro possa portare le proprie esperienze e idee musicali che sono di grande
aiuto per muoversi al meglio nel mercato della musica.
Ci
ha colpito nel disco “Mille Scarpe Rosse”. Ci racconti come nasce questo brano?
In questa canzone ho voluto
raccontare la storia di un ragazzino come tanti, a cui è venuta a mancare la mamma per mano del padre. Racconta della
violenza sulle donne, ma vista con gli occhi delle vittime indirette, collaterali,
che quasi mai vengono tenute in considerazione. Giacomo, il protagonista della
storia, proprio per merito dell’amore riuscirà a superare il trauma. Ho voluto
scrivere la canzone come fosse una favola a lieto fine, malgrado oggi ancora
non si riesca a intravedere la luce in fondo al buio di questo tunnel, che
rispecchia la nostra società malata, dove la Donna viene ancora vista come una
proprietà e non come una persona con un’anima e una propria identità.
Un
disco non lo si fa quasi mai da soli. Vuoi citare le persone i musicisti con
cui hai lavorato alla sua realizzazione?
La squadra vince sempre! Enorme
merito della riuscita di questo progetto è dei miei musicisti, primo fra cui
Teo Ciavarella che ha pensato anche agli arrangiamenti. E poi Giannicola Spezzigu,
Umberto Genovese, Giampiero Martirani, Massimo Tagliata, Flavio Piscopo,
Stefano Melloni, Matteo De Angelis, Checco Coniglio, Igor Palmieri, Luigi
Scerra, Enrico Guerzoni, Alessandro Cosentino, tutti Artisti straordinari. E
poi il fonico, Domenico Meggiato, che ha realizzato tutti i suoni, Mauro Cionci
che ha curato le foto e l’art work e il mio compagno Claudio Rosa che mi ha
aiutato in tutti i modi per potere realizzare l’album in questi momenti così
difficili.
E
adesso per salutarci come usiamo fare ti chiediamo una domanda che ti
piacerebbe ti facessero, a cui ovviamente devi rispondere, che nessuno ti ha
mai fatto?
La domanda è: ti credi un
artista?
Sì, sono un artista e ritengo
che tutti noi lo siamo, o meglio potremmo esserlo. Solo che ancora qualcuno non
ne è consapevole, ha dei talenti nascosti o meglio delle “virtù nascoste” e non
le ha ancora scoperte. L’artista sa captare ciò che è già “in essere”, non crea
dal nulla, tutto esiste già, ha soltanto una grande empatia con l’universo.
Aprite le menti, ma soprattutto i vostri cuori e liberate i vostri talenti, vi
assicuro che è meraviglioso!